Radius: “Canto l’Italia di oggi”. Intervista al chitarrista

Alberto Radius ha pubblicato il suo nuovo disco solista “Banca d’Italia (Videoradio 2013). Nel suo “laboratorio” della musica suona, incontra i giornalisti, progetta.
Abbiamo letto che il suo studio di registrazione (storico dove sono passati tanti grandi nomi) vorrebbe venderlo. La cosa ci meraviglia, perché Alberto è un innamorato del suo lavoro – e lo si avverte nella chiacchierata che fa con noi – . E’ uno di quei chitarristi che fanno la differenza. Lo sapeva bene Lucio Battisti che, nella Formula 3 e in quella chitarra, trovò espressa compiutamente l’anima rock delle sue canzoni. Lo sa Franco Battiato che, nel suo studio e con il suo apporto, ha realizzato alcuni dei suoi migliori lavori.
Quella realizzata non è un’intervista canonica, perché Radius ama divagare, allargare le riflessioni.
E’ un piacere ascoltarlo…Apre la stura dei ricordi, ponendo in luce una girandola di personaggi, di situazioni, di realizzazioni che hanno fatto la storia del pop italiano: I Quelli, la Formula 3 e Battisti,l’esperienza de Il Volo e Mogol, l’accoppiata creativa con Oscar Avogadro, la carriera solista, la big band dei chitarristi, le miriadi di collaborazioni, concerti, registrazioni con i più grandi nomi.
Suoi primi fans sono sicuramente il discografico Beppe Aleo (che crede molto in questo suo nuovo disco solista, atteso da ben nove anni) e il critico-conduttore televisivo Red Ronnie che gli ha dato la foto di copertina e suggerito il titolo.
L’album è stato realizzato a quattro mani con il tastierista Johnny Pozzi. Radius, nella logica dello strumentista al servizio dell’opera, preferisce definire da solo anche il contributo della ritmica; tutto deve essere perfetto, avere feeling.
Armonia, suoni ricercati, intensità espressiva, niente sbavature: è questa la ricetta di Radius in un disco solista che si è fatto attendere ma che è un piccolo gioiello.

Alberto-Radius-Banca-D-Italia-2013-Vinile-lp2Alberto, mancava un tuo disco solista da ben nove anni. Una lunga assenza ripagata da questo piccolo gioiello che è “Banca d’Italia”…
“Il disco l’ho cominciato qualche anno fa, poi la malattia e la scomparsa di Avogadro tre anni fa quando avevamo preparato 6-7 pezzi, mi hanno bloccato. Ho ripreso in mano il lavoro con due giovani e bravi parolieri: il sardo Andrea Secci e il campano (casertano) Tullio Pizzorno. Il lavoro così è potuto riprendere sino al suo completamento. Per motivi legali i testi scritti da Avogadro sono stati firmati dalla moglie Laura Pertusi. I pezzi preparati per il disco erano 24, poi ne ho selezionati 15 che mi sembravano più congeniali, per un’ora di musica. Non avevo mai fatto dischi così lunghi”.

Come hai fatto a realizzare la versione in vinile di “Banca d’Italia”?
“Ho dovuto levare tre pezzi ed altri sfumarli ma ci tenevo a realizzare il 33 giri. Il vinile era d’obbligo. Red Ronnie mi aveva detto: ‘Fai il vinile, vieni in trasmissione al Roxy Bar ed avrai il giusto riconoscimento’. E poi la foto di copertina a dimensione vinile è tutta un’altra cosa, spicca immediatamente rispetto a tutte le altre. E’ una signora copertina”.

A proposito, come nascono il titolo e la cover?
“Il titolo me lo ha suggerito sempre Ronnie, pensando al brano scritto con Avogadro 12 anni fa e mi ha dato una sua foto che aveva scattato negli Stati Uniti con due labbroni che si stanno sciogliendo da una parte. Queste labbra che si stanno sfaldando è l’ Italia; il barbone è un riferimento a quello che sta succedendo nel nostro Paese”.

‘Banca d’Italia’ è una canzone di grande attualità, sembra scritta oggi, è una fotografia realistica dell’Italia odierna…
“E’ un pezzo dedicato a noi italiani che sappiamo fare tutto, ma che alla fine preferiamo qualcosa di estero, senza capire che siamo davvero bravi. Senz’altro è un brano lungimirante di un autore come Avogadro che non aveva certo la sfera di cristallo ma intuiva quello che sarebbe accaduto”.

Nel raccontare l’Italia di oggi c’è anche il brano ‘Talent show’…
“Certo è un brano ironico, una presa in giro, con tutto il rispetto per gli artisti che ci provano a venire a galla attraverso di essi. Certo, c’è da chiedersi tra dieci, vent’anni cosa resterà di questo talento emerso attraverso gli show”.

Come hai registrato il disco, quali collaboratori ti hanno affiancato?
“Il disco è interamente suonato dal vivo da me e da Johnny Pozzi, che ha programmato tutte le tastiere. Abbiamo registrato dal vivo… il basso qualche volta l’ho suonato io e qualche volto è elettronico; c’è una signora batteria elettronica. Siamo andati avanti nelle registrazioni come ci pareva. La forza del disco è che è naturale, è tranquillo, non è monotono. Ogni brano ha un’atmosfera diversa”.

Musicalmente è molto eterogeneo, pop nel senso più ampio del termine…
“Come genere è molto soft. Per me è musica di relax. E’ fatto spontaneamente. I testi sono tutti calibrati. C’è una grande cura nel sound. Trovo che sia un bel lavoro. Un lavoro fatto con rilassatezza con l’amico Johnny”.

Sei un chitarrista di classe, ma in questo disco c’è meno chitarre di altri..
“Di chitarre ce n’è quanta occorre; non amo l’invadenza dello strumento. Sono per l’armonia, per la costruzione corale dell’opera, il giusto equilibrio. Lo strumento è al servizio del sound”.

Parlando di Oscar Avogadro ti commuovi…
“Guarda, è stata davvero profonda la sintonia artistica ma anche umana… c’era una frequentazione anche fuori dal luogo di lavoro. Assieme abbiamo realizzato brani indimenticabili come ‘Nel ghetto’…”

Tu hai collaborato con grandi nomi, Battisti, Battiato…
“Con Battiato è stata una delle esperienze più forti, lui mi lasciava libero. Con Battisti era molto più ordinata la cosa; mi diceva qua creiamo questa atmosfera ed io la facevo”.

Stai già pensando ad un nuovo disco?
“In pratica ho nove brani già pronti,  praticamente un nuovo disco. Sto pensando pure di incidere un album, tutto strumentale ma è difficile farlo, ci si va a scontrare con cose già fatte, perfette, americane, grandi orchestrazioni. Vedremo, per ora mi occupo del lancio di ‘Banca d’Italia””.

a cura di Gaetano Menna

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