Parole incatenate. La recensione della prima del 26 dicembre 2013
In scena al Teatro Quirino fino all’8 gennaio 2014
L’autore, il barcelloneta Jordi Galceran, è stato ispirato per il suo thriller teatrale “Palabras encadenadas” dalla lotta, crudele e perversa, di un gatto con un topo, a cui ebbe modo di assistere casualmente, nella sua città, in una notte agostana. Dal suo testo è stato tratto anche il film spagnolo diretto da Laura Mañá, uscito nel 2003 (in Italia con il titolo “Killing words – parole assassine”).
L’attuale edizione teatrale italiana, “Parole incatenate”, è stata curata da Pino Tierno ed è diretta da Luciano Melchionna.
La rappresentazione è giunta prima del previsto a Roma, al Teatro Quirino (invece che a maggio prossimo come indicato nel cartellone, ha debuttato il 26 dicembre e sarà in scena fino all’8 gennaio 2014).
Protagonisti sono Claudia Pandolfi e Francesco Montanari, davvero strepitosi per due ore intense in cui sono sempre presenti in scena in uno spettacolo che è proprio un inquietante e coinvolgente gioco tra il carnefice e la vittima.
Un serial killer e una donna prigioniera (che poi scopriamo essere una psicologa) si trovano in un cinema abbandonato. In questa prigione polverosa si svolge il gioco al massacro delle parole incatenate. Ma anche le situazioni che si dipanano, i dialoghi, i contrasti tra i due sono un gioco (in)catenato la cui posta è la vita di lei.
Il killer – nei video che proietta sul grande schermo – asserisce di aver già ucciso 18 persone. Qual è la molla che lo spinge a compiere gli omicidi? Qual è il rapporto con la donna? Pian piano gli spettatori vengono introdotti in un incalzante duello verbale (e non solo), ricco di colpi di scena, di ribaltamenti di ruoli (e non a caso nella foto sul depliant illustrativo sono invertite le parti con lui imprigionato e lei torturatrice).
Le situazioni lasciano senza fiato, nulla è come appare ed il finale (che, naturalmente non sveliamo) non mancherà di sorprendere. Insomma quello che si propone è un avvincente giallo, che, favorito anche dai vari contributi video, mantiene il ritmo cinematografico del film iberico.
Claudio Costantino