“Linapolina”. La recensione.
In scena al Teatro Quirino fino al 30 marzo 2014
Lo scroscio dell’acqua, le parole ispirate, una finestra aperta sulle onde del mare, un’altra finestra chiusa (e poi, nel finale, si capirà perché).
Il recital di Lina Sastri, anzi la “cantata poetica in musica” come l’ha definita l’artista, si intitola “Linapolina“.
Ci sono due Napoli che si alternano e si fondono: quella dei vicoli e quella dei sentimenti, quella dell’esteriorità e quella dell’introspezione.
C’è, già nel nome dello spettacolo, un filo di continuità tra Lina e Napoli; la Partenope di canzoni senza tempo ma anche la Partenope che Lina si porta dentro, della sua poetica (tutti i testi recitati sono composti da lei, versi scritti di getto, sul filo delle emozioni).
Il sottotitolo, “Le stanze del cuore“, è emblematico e ci fa comprendere che lo spettacolo è un percorso nelle passioni ma, a ben riflettere, anche mentale…
Rouge et noir… sono i colori dei due vestiti che l’artista indossa nel primo e nel secondo tempo; Sono abiti, anche mentali, che Lina “indossa” con eleganza. Cuore e cervello.
La scena (curata ,come le luci, da Bruno Garofalo) è quella di una taverna in un porto di mare: la finestra sulle onde, i tavolini a cui siedono i musicisti-avventori. In questo ambiente, Lina recita, canta, balla (con il danzatore Diego Watzke).
Nei brani c’è Napoli ma anche il mondo. La taranta ed il tango, le improvvisazioni rom e la processione della Madonna del Carmine. C’è la Napoli canora di Viviani, Russo, Bovio ma anche di Murolo, De Simone e, nei bis, di Pino Daniele.
C’è la vita che scorre come le onde del mare in questo spettacolo. Il canto di Lina è intenso… accompagnata da un’orchestra di otto elementi che privilegiano atmosfere acustiche. Ogni strumento è una stanza in cui si incontrano il suono e la voce; poi ci sono i momenti corali, l’ intensa alchimia musicale.
Si tratteggia Napoli, porto di mare dai mille echi, che è un luogo reale ma anche un sogno che ci portiamo dentro.
Lina, infine, apre quella finestra chiusa che affaccia sugli specchi, che riflettono lei stessa. Allora è tutto chiaro: Lina è Napoli, Napoli è Lina.
Claudio Costantino