“Cercando segnali d’amore nell’universo”. La recensione della prima del 22 dicembre 2015.
In scena al Teatro Eliseo fino al 3 gennaio 2016
Il teatro come luogo della memoria, come se fosse il ritorno in una casa abbandonata, tra oggetti coperti, polverosi da riportare a luce, da far emergere dall’oblio. Gli oggetti coperti, in realtà, sono strumenti musicali, un pianoforte, una serie di chitarre.
“Cercando segnali d’amore nell’universo“, portato in scena al Teatro Eliseo da un eclettico Luca Barbareschi – con la sapiente regia di Chiara Noschese – è un one man show in cui si uniscono vita e teatro, realtà e finzione. Amarcord e brani letterari (di Shakespeare, Cervantes, Tomasi di Lampedusa, Mamet, Eschilo)… La vita recitata e rivelata, raccontata anche nelle pagine più tragiche.
Barbareschi ha scritto un’autobiografia che poi ha preferito far diventare un lavoro teatrale. Con lui sul palcoscenico un quintetto jazz guidato dal superbo sassofonista napoletano Marco Zurzolo, con una vocalist d’eccezione, che è figlia d’arte, Angelica Barbareschi.
La nascita in Sudamerica, l’infanzia non facile con due genitori sopra le righe che si separano, la tata pelosa ma amorevole, gli abusi sessuali subiti da piccolo, l’amico del liceo che se ne è andato troppo presto, la scoperta di New York (della serie sesso, droga e rock ‘n roll), i matrimoni falliti, i tradimenti, i figli.
Barbareschi, in palcoscenico per più di due ore, canta, balla, suona, accompagnato da quella formidabile band che racconta in note le stagioni della vita. L’artista gli strumenti a cui aveva tolto le coperture polverose all’inizio, li suona con la band nei vari brani che si propongono.
Lo spettadolo è un mettersi a nudo con ironia, con una notevole carica comica e una duttilità straordinaria, passando dalla commedia al dramma, dal sorriso alle lacrime. D’altronde la vita è fatta di bellezze e bruttezze e bisogna accettare le une e le altre.
Barbareschi racconta se stesso ma anche il bisogno d’amore universale, con la musica che la fa da padrone. L’amore – fa comprendere – è il vero motore della vita.
Brunella Brienza