Deserto Rosso è il progetto musicale portato avanti dalla cantante Erika Savastani e dal chitarrista e produttore Danilo Pao; il nome del duo romano è un omaggio al celebre film di Michelangelo Antonioni. D’altronde con il cinema (ed il teatro) la band ha molta affinità. Ha scritto le musiche (premiate) del cortometraggio “Ce l’hai un minuto?” che vedeva autore e regista Alessandro Bardani e protagonisti Giorgio Colangeli e Francesco Montanari. Ora ha firmato la colonna sonora dello spettacolo teatrale “Il più bel secolo della mia vita”, sempre scritto e diretto da Bardani (assieme a Luigi di Capua) e interpretato da Colangeli e Montanari, apprezzato dal pubblico e sold out nelle sue rappresentazioni al Teatro della Cometa di Roma.
Il momento clou della colonna sonora, la canzone “Messico lontano”, si snoda a chiusura della commedia ed è una particolare rilettura di un brano dimenticato degli Albero Motore, la band progressive romana degli anni ’70. Una bella interpretazione, quella di Savastani-Pao e dei valenti musicisti che hanno collaborato con loro (Fernando Pantini alle chitarre e Andrea Ruta alla batteria), ricca di poesia, con suggestivi arrangiamenti, intrecci di chitarre e la voce ispirata di Erika. Un omaggio anche, a ben riflettere, a musicisti del calibro del vocalist Maurizio Rota e del percussionista Marcello Vento degli Albero Motore, che ci hanno lasciato rispettivamente, cinque e due anni fa.
“Messico lontano” è pure uno dei momenti più intensi dal secondo album dei “Deserto Rosso”, “Progresso” (Aroma Rec); si intitola così perché è un album tributo al rock progressive degli anni ’70, quello delle band più note – New Trolls, Le Orme, Equipe 84, Il Banco del Mutuo Soccorso (incredibile la versione di “Non mi rompete”) – ma anche quello dei gruppi meno conosciuti come Lydia e gli Hellua Xenium. La canzone in questione è anche il secondo singolo tratto dall’album (dopo “Casa mia” di Equipe 84), supportato da un video, diretto da Cosimo Alemà, girato nella ferriera abbandonata di Tolfa. Nel filmato si racconta un viaggio, immaginario, che è nella psiche più che all’esterno (Messico lontano e dentro allo stesso tempo). Con Erika appare, nelle vesti di attore, proprio Alessandro Bardani (il regista del corto e della commedia con le colonne sonore di Deserto Rosso).
I brani di “Progresso”, oltre ad essere in vendita nei principali store digitali, sono proposti anche in “pen drive” per computer, alla ricerca di nuovi contenitori (più congeniali ai tempi odierni, in cui sono stati sconfessati il vinile e pure il compact disc). La chiavetta USB, tutto sommato, continua a dare “fisicità” alla musica.
Deserto Rosso si cuce addosso abiti vintage, li personalizza, li modernizza, attualizzandoli, per certi versi rendendoli meno “prog”, alla ricerca dell’essenza di una stagione. Proprio “Messico lontano” diventa l’emblema del percorso di rinnovamento attuato; gli artisti gli levano la polvere di dosso per farne un brano di atmosfera che sa chiudere una commedia di successo, che affronta tematiche sociali scottanti, come quelle dei figli di N.N. alla ricerca delle loro origini.
Carla Pillitu