“Uccelli migratori”. La recensione della prima di 1 dicembre 2016.
In scena al Teatro dell’Orologio fino al 4 dicembre.
Torna in palcoscenico al Teatro dell’Orologio – nell’accogliente Sala Orfeo, per sole quattro repliche – “Uccelli migratori” proposta dalla compagnia Teatrodilina. Lo spettacolo, scritto e diretto da Francesco Lagi, vede in scena Anna Bellato, Francesco Colella, Leonardo Maddalena e Mariano Pirrello.
Speciale l’ambientazione nella casa al centro della pineta, immersa dunque nella natura. E particolare la storia,con un ornitologo che dice di comprendere il linguaggio degli uccelli, in stridente contrasto con le difficoltà dei protagonisti (ornitologo compreso) a capire i propri simili.
La pièce, delicata e romantica è basata sui dialoghi, sul cinguettio di uccelli che non si vedono ma sono presenti. A ben riflettere ciò che conta non è il dire ma l’ascoltare, in quella casa che è l’ombelico del mondo. È importante il canto innamorato degli uccelli, sono fondamentali le sensazioni e il “dialogo” della donna con il bimbo in grembo.
Per converso emerge il “non ascolto” (della donna): non si hanno bisogno delle parole di una vecchia fiamma, che è un padre putativo che, pur tra rimpianti e sensi di colpa, è ormai indirizzato in un suo percorso di vita in declino; non si hanno bisogno delle raccomandazioni di un fratello premuroso, alle prese con la scrittura di un romanzo che sa che non finirà mai; non si ha bisogno del libro dell’ornitologo per apprendere il linguaggio degli uccelli migratori.
È importante poi l’attesa… quella di uccelli che si accingono al lungo viaggio migratorio, quella di una donna che parallelamente si prepara al parto ed alla nuova vita di mamma. Per la protagonista la bussola – reale e metaforica – indica un percorso di vita, che non è quello di tre uomini tutti, per certi versi, perdenti, comunque fuori da quel rapporto speciale tra mamma e figlia pronte a migrare.
La casa nella pineta, come dicevamo, è l’ombelico del mondo, soprattutto di quello interiore. Molto bravi gli attori a dare corpo e volto (contano molto le espressioni facciali, gli sguardi) ad un testo apparentemente semplice ma, al contrario, complesso per le sue metafore, addentrandosi in discorsi che si rifanno a letteratura medievale, mitologia, occultismo, in cui si riteneva che il linguaggio usato dagli uccelli fosse comprensibile dagli “iniziati”; una pièce che sembra statica ma che è invece movimento (come quello degli uccelli), un invito ad agire, ad uscire dal guscio, ad indirizzare il cammino esistenziale. Rivelando così tutta la dinamicità dell’attesa.
“Uccelli migratori” è convincente e appassionante storia “sensoriale” (sguardi, ascolti, gesti), favola moderna (la bella principessa addormentata nel bosco che si risveglia), respiro di natura (il bosco, gli uccelli), canto vitale (quella degli uccelli e quella di una bimba che nasce).
Carla Pillitu