“Torre Elettra”. La recensione della prima del 19 gennaio 2017.
In scena al Teatro Brancaccino fino al 29 gennaio.
Scenario futuribile: in un domani non troppo lontano, nell’Italia della rivoluzione, del “Fronte della gente comune”, in una società spaccata tra metropoli e periferie, a Roma c’è Torre Elettra, baluardo periferico di “libertà precarie” tra rese dei conti, giustizia fai da te, vendette politiche. Con la Germania invece che è sempre più forte ed attrae i nostri lavoratori, nuovi migranti.
Questo il contesto in cui svolge il lavoro drammaturgico “Torre Elettra”, scritto e diretto da Giancarlo Nicoletti, in scena in prima nazionale al Teatro Brancaccino (per due settimane, dal giovedì alla domenica, fino al 29 gennaio 2017). Protagonisti sono Valentina Perrella, Liliana Massari, Cristina Todaro, Luciano Guerra, Alessandro Giova e Matteo Montalto,
In questo contesto di guerra civile, la storia assume toni da giallo: l’omicidio del marito (uno dei capi della rivoluzione) da parte della moglie e del suo amante e la vendetta della figlia. Rimane il dubbio che ci sia stata anche una storia di incesto tra il padre ucciso e la figlia vendicatrice (con il fratello di lei che, come Ponzio Pilato, se ne lava le mani scaricando tutte le decisioni sulla donna).
La scena è invasa di scatoloni con televisori contrabbandati perché, nel futuro apocalittico, è una chimera anche vedere la TV e ci si arrangia con vecchi VHS. Si parla anche di una nuova malattia che si trasmette per via sessuale che viene usato come strumento di morte.
Tra fantascienza, giallo e tragedia greca si dipana un lavoro teatrale complesso, con personaggi ben caratterizzati dagli attori. All’inizio forse c’è un po’ di emozione negli interpreti, che pur sono bravi; poi la macchina teatrale prende ritmo e coinvolge pienamente. A nostro avviso però la rappresentazione è un po’ troppo lunga (potrebbe essere snellita o suddivisa in due atti).
C’è davvero tanta carne a cuocere in questa tragedia post-contemporanea. L’obiettivo di fondo è far riflettere sul contesto sociopolitico ed economico attuale. Con gli scatoloni in scena che mostrano tangibilmente il senso di precarietà e di caduta di valori anche morali che portano ad una deriva pessimistica e ad una società senza certezze.
Claudio Costantino