“Cosi parlò Bellavista”. La recensione.
In scena al Teatro Quirino fino al 3 febbraio 2019
Nel 1977 il libro “Così parlò Bellavista” di Luciano De Crescenzo raccontò l’orgoglio di Napoli, così come il 33 giri “Terra mia” di Pino Daniele. Nel 1984 la versione cinematografica riconfermò la voglia di riscatto, così come l’affacciarsi a Napoli del goleador Maradona.
Il libro, il film… mancava la versione teatrale delle vicende e delle riflessioni del prof. Gennaro Bellavista (protagonista di romanzo e film), giunta ora a 40 anni di distanza dall’uscita del libro e in omaggio al suo autore che festeggia i 90 anni. Un’operazione fortemente voluta da Alessandro Siani, in veste di produttore e fatta propria con grande passione da Geppy Gleijeses che ne ha curato l’adattamento teatrale, la regia e ne è protagonista, nei panni di Bellavista. Protagonisti di “Così Parlò Bellavista” (al Teatro Quirino fino al 3 febbraio), con Glejeses, ci sono Marisa Laurito, grande amica di De Crescenzo (che è, in scena, la moglie di Bellavista) e Benedetto Casillo (che ha lo stesso ruolo che recitava nel film di vice sostituto portiere). Tra gli altri interpreti ci sono Nunzia Schiano, Salvatore Misticone, Vittorio Ciorcalo e Gianluca Ferrato (nel ruolo di Cazzanica, il direttore dell’Alfasud).
Tutta la vicenda è ambientata in un antico palazzo napoletano, tutto scale a a vista. Lì abitano Gennaro Bellavista, professore di filosofia in pensione che si diletta a esporre le sue teorie ai suoi amici Salvatore, Saverio e Luigino. In particolare, egli distingue l’umanità in “uomini d’amore”, come i napoletani, e “uomini di libertà”, come i milanesi. Conoscendo a fondo il dottor Cazzaniga dovrà ricredersi perché ci possono essere uomini d’amore anche al Nord.
La figlia del professore Patrizia ed il suo fidanzato Giorgio acquisiscono l’attività di rivendita da un parente, per accorgersi che il negozio è terra di confine tra due clan camorristici che chiedono entrambi il pizzo e li costringono a chiudere il negozio. Sarà poi proprio Cazzaniga a trovare un lavoro per Giorgio a Milano.
Ma quello che contano, nel racconto, sono soprattutto i vari siparietti con Bellavista che filosofeggia e con la presenza di personaggi dai tratti umoristici della Napoli degli anni Settanta; le vetture dell’epoca; le radio libere dalle dediche chilometriche; le vicende della realtà quotidiana dell’epoca (come il “Parco dell’Amore” con le auto-alcove rivestite dai giornali).
Un grande cast e strepitosi Gleijess, Laurito e Casillo.
Una commedia che ha profondamente fatto proprio il messaggio di Luciano De Crescenzo e che riporta in scena la Partenope di ieri e di oggi. Città unica, umana, afflitta da mille problemi (la mancanza di lavoro, la camorra) ma che ha dignità, generosità, spirito di sopportazione, voglia di vivere e di riscattarsi. La Napoli che emerge è, per Bellavista, “l’ultima speranza che ha l’umanità per sopravvivere”.
Claudio Costantino