“L’uomo, la bestia, la virtù”. La recensione della prima del 7 febbraio 2019.
In scena al Teatro Brancaccino fino al 17 febbraio (gio-sab).
“L’uomo, la bestia, la virtù” è una feroce satira pirandelliana sull’umanità e sull’ipocrisia, in scena al Teatro Brancaccino (dal giovedì al sabato) e efficacemente diretta da Giancarlo Nicoletti. Vede come protagonisti Giorgio Colangeli (l’uomo), Filippo Gili (la bestia) e Valentina Perrella (la virtù). La scenografia è semplice ma efficace per rappresentare i due ambienti dove si svolge l’azione: la casa del professore/amante e quella della virtuosa signora e del suo bestiale marito. Quella di Nicoletti è un’edizione ancor più importante della nota commedia, perché quest’anno ricorre il centenario della sua rappresentazione
La commedia racconta il classico triangolo amoroso… l’uomo e la “virtuosa” signora sono amanti; lei ha scoperto di essere incinta ma non del marito che non s’accosta più a lei da anni. Il marito è un capitano di marina, sempre in viaggio, che appare sguaiato, rozzo e brutale, insomma bestiale; ha anche una seconda famiglia in un’altra città a cui riserva tutte le sue attenzioni; è sempre in viaggio, manca da casa da mesi e non vi tornerà in tempi brevi. L’amante invece è un professore che dà ripetizioni al figliolo della signora.
Insomma la donna non ha alternative, deve avere un rapporto con il marito nell’unica notte che è a casa, in modo da giustificare la gravidanza e pertanto evitare l’inevitabile scandalo ed il disonore..
L’amante si ingegna e fa preparare da un amico farmacista dei dolci afrodisiaci, che dovrebbero spingere la bestia a fare il suo dovere coniugale.
Il ritmo della commedia è incalzante, fatto di scosse, sobbalzi, equivoci, aggressioni. L’approccio della compagnia – avverte il regista – è scevro dalla paura di sporcarsi le mani con il cinismo, la ferocia, la comicità sbordante e la drammaticità cruda di Pirandello. Muovendosi fra la Magna Grecia siciliana e Bunuel, fra la borghesia novecentesca e Lars Von Trier.
Si ride molto ma è un riso amaro perché nessuno è quello che è, ognuno ha qualcosa da nascondere. Siamo in fondo, tutti delle ipocrite bestie.
Bravi i protagonisti e tutto il resto del cast (Cristina Todaro, Alessandro Giova, Diego Rifici, Alessandro Solombrino, Francesco Petit Bon) con una sottolineatura particolare per le performance di Colangeli (che tratteggia magnificamente il falso perbenismo e l’agitazione del suo personaggio, che teme di essere travolto dallo scandalo) e del piccolo Francesco (nella parte del viziato bambino, figlio della coppia bestia/virtù).
Claudio Costantino