foto di Umberto Fiore
Metti una sera a cena, la recensione
In scena al Teatro Off Off fino al 28 gennaio 2024
Praticamente sono trascorsi 20 anni da quando Giuseppe Patroni Griffi riportò in teatro “Metti una sera a cena”. La prima fu al Teatro Eliseo di Roma il 4 febbraio 2003 e nel quintetto di attori in scena c’era anche Kaspar Capparoni, nella parte di Max.
Vent’anni dopo Capparoni, nella veste di regista, oltre che di protagonista, ha raccolto il testimone e riproposto la pièce al pregevole Teatro Off /Off di Roma. Con lui in scena Laura Lattuada (Nina), Carlo Caprioli (Michele), Clara Galante (Giovanna), Edoardo Purgatori (RIc). E Capparoni interpreta sempre Max, l’amico, l’amante, il trasgressivo.
“Metti una sera a cena” è un film di culto di Patroni Griffi del 1968; ma l’anno prima era stata una rappresentazione di successo sempre all’Eliseo (andata in scena il 15 febbraio 1967 con gli attori della “Compagnia dei Giovani” Rossella Falk, Romolo Valli, Carlo Giuffrè, Elsa Albani, il giovane Umberto Orsini e con la regia di Giorgio De Lullo; seguì quindi l’edizione cinematografica campione di incassi e che è rimasta nella memoria storica, con Florinda Bolkan, Jean- Louis Trintignant, Annie Girardot, Tony Musante, Lino Capolicchio e la celeberrima colonna sonora di Ennio Morricone.
“Metti una sera a cena” è indubbiamente una rappresentazione complessa e stratificata che, proprio per questo, può essere letta in diversi modi. A livello superficiale, può essere vista come una semplice storia di amore, tradimento e gelosia. Ma Capparoni regista, sulle orme dell’autore, ha saputo scavare più in profondità nella drammaturgia.
E così, andando più a fondo, emerge la crisi della borghesia, incapace di trovare un senso alla vita. La trasgressione appare come una strada per superare il vuoto esistenziale; alla fine però anch’essa è una risposta effimera e tutto torna alla “normalità”, cioè al nulla, alla rassicurante zona di comfort che ci si è creati: il tavolo della casa dello scrittore Michele e di sua moglie Nina, dove i quattro (e poi cinque) amici si incontrano, parlano, ma sono incapaci di comunicare e di esprimere sentimenti.
Gli attori sono bravi a rappresentare la continua spezzatura dei ritmi e delle situazioni, a fornire il quadro di un’umanità costretta ad una solitudine di gruppo.
Sul triangolo amoroso e trasgressivo (lei, l’amante storico, ed il giovane amante introdotto nel rapporto di coppia per portare nuovi stimoli), il regista Capparoni non indugia. Quello che importa focalizzare è il “dramma della conversazione” – come si potrebbe definire con qualche azzardo la pièce – che si inserisce in una struttura perfettamente destrutturata.
Capparoni seguendo le orme dell’autore, riesce a dare alla pièce quell’atmosfera un po’ cupa, di gruppo chiuso in se stesso che – come annotava lo stesso Giuseppe Patroni Griffi – “è una piccola società isolata, con le sue regole, i suoi riti, le sue funzioni, le sue guerre”.
La rappresentazione attuale è piaciuta molto alla platea del Teatro Off/ Off che, al termine ha applaudito con grande calore i protagonisti. L’ultimo omaggio è proprio all’autore Giuseppe Patroni Griffi (scomparso due anni dopo la rappresentazione all’Eliseo del 2003) e ora ricordato in scena con una gigantografia.
Brunella Brienza