Streghe da marciapiede: le star di “Un posto al sole” stregano il Teatro Vittoria

“Streghe da marciapiede”. La recensione della prima del 15 aprile
In scena al Teatro Vittoria fino al 19 aprile 2025

La prima romana di “Streghe da marciapiede” al Teatro Vittoria, che ha debuttato il 15 aprile, si presenta come un toccante tributo a Francesco Silvestri, l’autore del testo teatrale, scomparso prematuramente nel 2022. Silvestri era noto per la sua fruttuosa collaborazione con Annibale Ruccello, che ha raggiunto il culmine con “Le 5 Rose di Jennifer”.

La regia di Stefano Amatucci offre una nuova interpretazione della black comedy di Silvestri, portandola in un territorio liminale che sfiora il teatro dell’assurdo. Si allontana dall’ambientazione originale di un’aula di tribunale e ci immerge, grazie a una scenografia essenziale ambientata negli anni ’20, in un mondo onirico e simbolico, popolato da incubi e ricordi, a cominciare da quelli di un commissario in pigiama (Peppe Romano).

Quattro prostitute (Gina Amarante, Luisa Amatucci, Miriam Candurro, Antonella Prisco) si trovano indagate, per la morte (un’omicidio?) di un giovane avvenuto nel loro appartamento.

Emergono segreti, complicità e rivalità tra queste donne, ognuna con il proprio fardello: una gravidanza precoce, una disabilità fisica, la perdita dei capelli nascosta da una parrucca. Le loro versioni dei fatti si intrecciano in un labirinto di bugie e mezze verità, tanto da far sembrare all’ispettore che ci sia qualcosa di quasi stregonesco in loro.

Le riflessioni e i tormenti delle quattro donne, lungi dall’essere lineari, si sviluppano in un flusso di coscienza frammentato, richiamando quella struttura drammaturgica che Silvestri stesso riconosceva come influenzata dal linguaggio cinematografico.

La scena (di Ciro Lima Inglese) è dominata da una sorta di podio, dove le prostitute sfilano durante gli interrogatori con il commissario, e da alcuni cubi. Questi elementi scenografici, in una simbolica trasposizione, diventano anche la casa e i giacigli delle quattro conviventi.

La decisione di Amatucci di rimuovere fisicamente dalla scena il giovane misterioso (poi deceduto), pur mantenendo viva la sua influenza attraverso le storie delle protagoniste, mette in risalto l’aspetto enigmatico dell’evento e sposta l’attenzione sulle dinamiche interne del quartetto femminile e sugli incubi del commissario. L’ispettore, che diventa un personaggio reale e centrale rispetto alla sua semplice menzione nel testo originale, si trasforma nel fulcro dei sospetti e delle ambiguità che circondano queste “streghe da marciapiede”.

Un aspetto interessante della messa in scena è che gli attori, anche quando non sono in primo piano, sono sempre presenti sul palco (spalle al pubblico). Questo dimostra come siano figure incombenti. Da segnalare anche la versatilità delle attrici, che si cimentano a volte pure in intensi intermezzi canori (musiche di Valerio Virzo) arricchendo ulteriormente la narrazione.

È curioso notare che l’intera compagnia è composta da attori della popolare soap opera “Un posto al sole”, con lo stesso Amatucci alla regia della serie. Un elemento che ha certamente acceso la curiosità del pubblico. Inoltre, alla prima romana, era presente in platea Michelangelo Tommaso, che non si è sottratto dal rito dei selfie con gli spettatori al termine dello spettacolo.

In definitiva, “Streghe da marciapiede” – con la regia di Stefano Amatucci e un affiatato gruppo di attori di talento – si presenta come una rilettura audace e visionaria di un testo complesso e stratificato. L’omaggio a Francesco Silvestri è chiaro nella cura con cui vengono esplorati i temi centrali dell’opera: la paura del diverso, la crudeltà che si nasconde nelle dinamiche umane e le difficoltà di comunicare e comprendere.

L’abilità delle attrici, nel rappresentare la sensualità, la fragilità e le zone d’ombra dei loro personaggi, contribuisce in modo significativo a creare un’atmosfera minacciosa e soffocante, invitando lo spettatore a riflettere sull’oscurità dell’animo umano e sulla natura complessa della verità.

Questo allestimento dimostra come il testo di Silvestri, a 35 anni di distanza dalla sua scrittura, continui a interrogare e a turbare con la sua profonda (dis)umanità.

Claudio Costantino

About