Come tre aringhe. La recensione.
In scena al Teatro De’ Servi fino al 16 febbraio 2014.
Tre uomini insoddisfatti, sull’orlo di una crisi di nervi, alle prese con un delfino: è questo il tema di “Come tre aringhe”, la nuova, imperdibile commedia di Marco Falaguasta (scritta con Mauro Graiani).
La scena è costituita da un locale dove, lungo tutta una parete, c’è la vetrata di un acquario in cui nuotano pesci di tutte le dimensioni. E’ la stanza del posto di guardia di tre metronotte addetti alla sorveglianza ma anche alla manutenzione di quell’acquario in cui vive un misterioso, straordinario delfino bianco che nessuno però ha mai visto.
Sul palcoscenico con Falaguasta i suoi formidabili compagni Marco Fiorini e Pietro Scornavacchi. Un trio collaudato che fa faville, che riesce a caratterizzare a fondo tutte le sfaccettature dei loro personaggi. Realizzano così una commedia molto divertente, in cui si ride tanto, con gli attori affiatati che si concedono anche improvvisazioni ed esilaranti uscite dal copione. Ma non è una comicità grossolana quella proposta, nasce da un contesto particolare, ha risvolti psicologici.
All’ordine del delfinario si contrappone il disordine del locale di guardia che, più che un posto di lavoro, sembra un disordinato ambiente familiare con una vecchia poltrona, una tv, un tavolo. Le uniche cose che fanno pensare all’attività lavorativa sono una cella frigorifera ed un allarme lampeggiante che segnala le anomalie in vasca.
Questo habitat che si caratterizza per l’ ordine (dei pesci) – disordine (degli uomini) è in fondo una sorta di scatola di sardine; lo stare pressati, assieme, finisce per far venire a galla verità scomode, frustrazioni, delusioni che ciascuno dei protagonisti si porta dentro; ognuno rivela problematiche e drammi familiari e personali. Il disordine del locale di lavoro è anche il disordine delle proprie vite ordinarie e insoddisfatte a cui si contrappone quel delfino sfuggente dall’esistenza eccezionale… L’animale diventa una metafora, simbolo mitologico, di perfezione, un essere quasi mistico.
Ogni tanto nell’acquario si vedono nuotare, tra i pesci, i tre personaggi, a ricordarci, allegoricamente, la loro aspirazione ad uscire dall’ordinarietà, a smettere di galleggiare e tornare a nuotare nella vita.
Claudio Costantino