La lampadina galleggiante. La recensione della prima del 17 gennaio 2012
In scena al Teatro Quirino fino al 29 gennaio 2012
Tra sogni nel cassetto e sogni infranti, magie e dura quotidianità si dispiega la pièce scritta da Woody Allen: “La lampadina galleggiante” in scena fino al 29 gennaio al Teatro Quirino, diretta da Armando Pugliese.
Proprio alla lampadina, che fluttua misteriosamente in aria, è affidata l’apertura dello spettacolo. Nel buio del palco la lampadina galleggiante costituisce l’unico punto luminoso. L’oggetto ricorre più volte nella messa in scena, spesso è in secondo piano ma non perde il proprio valore metaforico; simbolo della vita che si vorrebbe vivere, delle aspirazioni giovanili ma anche parallelamente di frustrazione e paura.
Lo spettacolo è ambientato nella desolante Brooklyn durante il secondo dopoguerra. La scenografia riproduce quindi una modestissima casa, con mobilio essenziale. La particolarità è che si tratta di un ambiente aperto, senza pareti divisorie tra le stanze che permettono allo spettatore di osservare contemporaneamente ciò che accade in tutta casa ed all’esterno di essa, di seguire le azioni dei personaggi in scena.
Si avverte la mano di Allen nelle tematiche proposte: in primis la crisi esistenziale dei personaggi e la raffigurazione autoironica della comunità ebraica newyorkese (a cui Allen stesso appartiene). La famiglia ebrea, nell’allestimento di Pugliese, è stata riletta sotto un’ottica edoardiana quasi fosse una famiglia napoletana osservata all’interno del proprio basso mentre lotta estenuantemente per la sopravvivenza.
Mimmo Mancini e Mariangela D’Abbraccio (quest’ultima ha sostituito egregiamente Giuliana De Sio, impossibilitata ad interpretare il ruolo per un problema di salute) interpretano marito e moglie.
Ottimi nel rappresentare due coniugi ormai alla deriva del proprio rapporto; entrambi tentano di percorrere vie di fuga dal proprio matrimonio: l’uomo dedicandosi ad una relazione extra-coniugale con una ragazza (interpretata da Barbara Giordano) e la donna cercando di sistemare i propri figli, dando loro l’opportunità di una vita migliore. Centralequindi la figura materna che si aggrappa con forza ai sogni dei figli per trovare la salvezza.
I figli sono interpretati da due giovanissimi e promettenti attori: Luca Buccarello (il più piccolo e disobbediente) e Emanuele Sgroi (nel ruolo del fratello maggiore, balbuziente e più insicuro). L’aspirazione di quest’ultimo di divenire un giorno un prestigiatore
è al centro della seconda parte della pièce (in cui assistiamo al disastroso incontro con un agente teatrale di presunta fama, reso magnificamente da Fulvio Falzarano).
In una serata qualunque i sogni svaniscono sotto una pioggia di coriandoli. Tra la tristezza, l’amarezza e il grigiore chissà che non arriveranno tempi migliori, colorati come quei piccoli ritagli di carta… direbbe Eduardo: Adda passà ‘a nuttata.
Monica Menna