“Quartet”. La recensione della prima del 9 ottobre 2018.
In scena al Teatro Quirino fino al 21 ottobre.
La nuova stagione del Teatro Quirino si avvia con una grande rappresentazione: “Quartet” di Ronald Harwood; è una commedia sul mondo degli anziani, quelli – ci viene da pensare – che vengono raccontati tutte le sere in TV su Raitre, che non si chiudono all’amore ed alla vita.
La commedia, ancor più incisiva nell’allestimento del regista Patrick Rossi Gastaldi, parla di ex cantanti di lirica, che in passato avevano dato vita ad un quartetto di successo e che ora che vivono in una casa di riposo per artisti; famosi, energici, irascibili e, insieme, divertenti, hanno nostalgia del passato, e vivono il loro presente fatto di ricordi, piccoli e grandi “drammi” quotidiani (la marmellata negata a colazione), defaillance del corpo e della mente, e poi musica e palcoscenico ancora salvifici. La vecchiaia – fanno comprendere i protagonisti – va accettata, ma non subita.
A portare in scena “Quartet” grandi attori, molto amati dal pubblico – Giuseppe Pambieri, Paola Quattrini, Cochi Ponzoni, Erica Blanc – che sanno danno spessore e tratteggiare a tutto tondo i loro personaggi, le varie sfaccettature di anziani che, nonostante tutto, ancora sognano e non si arrendono.
I quattro cantanti lirici, ospiti della casa di riposo, lottano con i loro vuoti di memoria, con i limiti caratteriali e fisici, per riportare, per una sera, il loro celebre quartetto in palcoscenico, in occasione di un evento che gli ospiti della casa di riposo organizzano per l’anniversario del compleanno di Giuseppe Verdi (10 ottobre 1813); e – casualmente o volutamente? – la commedia va in scena al Teatro Quirino, proprio alla vigilia dell’anniversario verdiano.
Sappiamo bene che, in generale, gli anziani tendono a rinunciare, convinti – loro prima di tutti – che, in fondo, la vita l’hanno vissuta. La commedia di Harwood invece dà un messaggio preciso, invita a non arrendersi alla vecchiaia delle rinunce.
Questa rappresentazione, delicata e a tratti ironica, non fa sconti alla vita, non parla di supereroi ma di combattenti del quotidiano.
La performance finale del quartetto, dedicata al “Rigoletto” – proponendo “Bella figlia dell’amore” (che è prevista a quattro voci (Duca, Maddalena, Rigoletto, Gilda) – è il senso della vita; l’accettare i propri limiti e superarli, trovando vecchie energie e nuove motivazioni.
Claudio Costantino