“Il re anarchico e i fuorilegge di Versailles”. La recensione della prima del 16 ottobre 2018.
In scena al Teatro Sala Umberto fino al 28 ottobre.
Quarta tappa per “Il re anarchico e i fuorilegge di Versailles” diretto ed interpretato da Paolo Rossi, in scena al Teatro Sala Umberto fino al 28 ottobre 2018. Il suo – come lo definisce lo stesso protagonista in palcoscenico – è“teatro dell’improvviso”. Un canovaccio e improvvisazione, Molière ed i tempi attuali per un grande “re anarchico” del teatro e della vita qual è Rossi.
Lo spettacolo di Rossi è figlio della commedia dell’arte e del cabaret, dei saltimbanchi circensi (ricordate lo spettacolo “Il circo di Paolo Rossi”?) e di Dario Fo (nel 2010 aveva proposto “Mistero Buffo nella versione pop 2.0”).
Con Rossi una formidabile compagnia di “fuorilegge”, una sorta di illuminata “corte dei miracoli” di emarginati attorno a sua Maestà (Renato Avallone, Marianna Folli, Marco Ripoldi, Chiara Tomei, Lucia Vasini).
Si parte da Molière per parlare di potere e libertà, richiamandosi a emblematici protagonisti fuori dalle regole come il calciatore nordirlandese George Best.
Robin Hood ed i suoi banditi sbeffeggiano, cantano, mimano, corrodono. In scena anche un chitarrista rock ed un contrabbassista jazz che suonano live, accompagnando i guitti.
Emerge l’anarchia come pensiero, come utopia, come follia; e la voglia di seppellire il “potere” sotto una risata.
In questo percorso contro il potere non si può non citare Berlusconi che tanto ha dato alla satira nazional-popolare. Si stravolge anche “Bella Ciao”, il canto di ribellione per eccellenza. Perché non c’è limite, non ci sono mostri sacri nel marciare – citando De André – in direzione ostinata e contraria.
Alla fine il re anarchico si addormenta e risorge. Con la sua abilità, come direbbe Molière, a “penetrare l’uomo attraverso l’uomo”.
Claudio Costantino